GIOCATTOLI PER MALINCONICI


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NINFA MODERNA
(étant Dunny)


Il Dunny è un coniglietto in plastica da collezione prodotto dalla Kidrobot. Il suo nome esprime il segreto della sua natura: dun Bunny, «dun toy», tetro gingillo, giocattolo malinconico, cupo balocco di melancoliche epifanie. D’altra parte il simbolismo del coniglio – eterno psicopompo, oscuro psico-pon pon – collega direttamente l’animula vinnula e vinilica del Dunny ai labirinti della sfera infera.
Dunnies giganti vengono offerti agli artisti (nel colore bianco) perché li rielaborino. Così ci sono «Dunny Show» con esemplari dipinti o customizzati nei modi più vari. La nostra variante è in bronzo lucidato a specchio, in effetti un non-dun Dunny, una «cutie» dalla radiosa cuticola. Due cupolette di plexiglas trasparente nella parte anteriore e posteriore della testa lasciano contemplare vagina e anuccio in cyberskin rosa, entrambi iperrealistici (prodotti dalla benemerita ditta Fleshlight per i lerci quanto saggi diletti di maschi solitari). Altre due cupolette di plexiglas trasparente sul petto mostrano senucci interni in lattice rosa e silicone.
Il Dunny diventa così una sorta di ninfa moderna (pensiamo ad Agamben, Ninfa, e a Didi-Huberman, Ninfa Moderna e Aprire Venere). La ninfa è in effetti una creaturella femminile misteriosa, seducente e immortale (non invecchia). Si può vedere solo per un istante fuggevole; è una «passante» ante-litteram. La ninfa è il desiderio insoddisfatto. E per questo sempre scintillante (al pari del bronzo polito e dello specchio). Come immagine del desiderio – nei due sensi del genitivo – è anche il desiderio di vedere in sé, l’immagine delle immagini, una specie di Urbild.
Non a caso Warburg si incaponì con la portatrice di brocca del Ghirlandaio, la Fräulein Schnellbring della Cappella Tornabuoni. La Pathosformel della ninfa è una sorta di Urform «esemplare» – e la brocca della «Schnellbring» è la capocciona fruttifera del Dunny, passando per la verginità/brocca infranta della ninfetta pompier di Greuze e per la commedia di Kleist. Ma la duplice brocca del Ghirlandaio è anche, sin troppo scopertamente, una duplice larva, plissettata, ghiandolare e otricolare.
Il fatto è che il destino della ninfa è quello di rimanere pur sempre una larva, un embrione, un’immagine embrionale mai pienamente sviluppata. Non potrebbe essere radiosa altrimenti. Il suo splendore si realizza pienamente solo quando lo spettatore la intravede. La sua pienezza è la sua potenzialità, e viceversa. Il massimo del desiderio è il desiderio di ciò che non può essere toccato, di ciò che rimane sotto un vetro – quello carnoso di una brocca-larva, o quello artificiale di una cupola di plexiglas. Solo così il desiderio rimane vivo.
Come immagine originaria la ninfa moderna non può che essere allora contemporaneamente prototipo e stereotipo. Per questo la ninfa moderna è un Dunny: un’immagine stereotipa e archetipica, nata come stereotipo-prototipo di un desiderio originario, che qui viene esibito in forma un tantino disturbante e ironica – le prospettive tradizionali in cui può rendersi in qualche modo visibile l’origine divenuta ovvio, l’immediato invisibile.
Il sottotitolo étant Dunny allude all’ «installazione» étant données («dato che», «posto che») di Duchamp. Anche in quel caso si esibiscono delle nudità irraggiungibili, intoccabili. Si intravedono le grazie della ninfa-medusa dalle gambe aperte. Tutti i criteri tradizionali (kantiani) per definire un’opera d’arte si invertono in étant données. L’opera d’arte, scrive Kant, piace in modo universale e necessario; in Duchamp invece lo spettatore diventa voyeur isolato che sbircia attraverso i due fori nella porta. L’opera deve piacere senza interesse (per Kant una donna nuda ed eccitante come quella di Duchamp non è un’opera d’arte). L’opera, soprattutto, mostra una finalità interna, sia pure senza fine, senza uno scopo esplicitabile, mentre étant données è appunto solo un «posto che», un «dato che», uno spunto, una larva, una ninfa. Una non-opera, in definitiva.
Il fatto è che la finalità interna la trascende, si attiva attraverso lo sguardo dello spettatore. Così il possibile, il potenziale, è la forma originaria dell’«opera». E si riverbera al suo interno, al livello dei contenuti, similmente a ciò che accade in certi quadri simbolisti. In essi la minaccia dello spossessamento seriale e della fruizione distratta – minaccia che sempre eccede il contenuto e la forma particolari – produce come reazione, come riverbero, una peculiare immagine dialettica. Alla rappresentazione allegorica dei nuovi mezzi di riproducibilità tecnica si intrecciano così le figure mitiche, a-temporalizzanti, del non rappresentabile, del segreto (v. Khnopff o Toorop ad es.). In Duchamp la donna manichino nuda – una ninfa in pelle di maiale, un pupazzo Dunny ante-litteram, che sta alla forma originaria come un’eroina porno sta all’eros – è il possibile per eccellenza, quello del desiderio che si accende. Dalla sua figura si irradiano due opposti possibili: l’incendio, che potrebbe divampare dall’incontro della lampada a petrolio con la paglia su cui giace, e la cascata alle sue spalle, che è pura energia potenziale.
Nel caso del Dunny i due opposti si compenetrano esplicitamente nel potenziale fantasmagorico della merce: merce per bambini-feticcio, merce per adulti-merci interscambiabili.



(2008)
Rielaborazione di un Dunny Kidrobot®
Bronzo lucidato; occhi di vetro dipinto
Cupolette in plexiglas trasparente
Organi interni in lattice e silicone
50 cm (h) x 34 cm x 22 cm
Fonderia Venturi (Granarolo)