NUOVI GIOCATTOLI PER MALINCONICI


Izanami nell'Ade Immagine 1 di 16









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IZANAMI
(e Kagututi)


Izanami, sorta di ibrido fantastico tra Jarry e Akutagawa, è la protagonista femminile della cosmogonia più sgangherata, grottesca e surreale della storia delle religioni. Dunque dell’unica religione oggi possibile, ovvero di una religione come la immaginerebbe un dio se la immaginasse creata dall’uomo: se un idolo occorresse venerare, quest’idolo non potrebbe che essere Izanami. Creatura per molti versi – tutti rigorosamente sbagliati – adorabilissima.
La vicenda è nota: Izanami e Izanagi, suo compagno, sono le due divinità creatrici originarie, femminile e maschile, dello scintoismo. Non è chiaro da quali «dèi ulteriori» essi siano generati, ma sin dall’inizio i due sbagliano tutto. Anche le presentazioni. Invertendo il cerimoniale di accoppiamento Izanami si condanna a generare figli deformi, di cui si sbarazza abbandonandoli su una barca in balia delle acque. Dopo aver dato alla luce otto figli, le otto isole del Giappone (nella scultura la base a stella dalle otto punte), Izanami muore di parto, generando il dio del fuoco, Kagututi. Ovviamente a causa delle ustioni. Dopo la morte di Izanami, Izanagi scende nell’Ade (Yomo-Tsu-Kumi) per rivederla. Ma ancora una volta per goffaggine sbaglia. Izanami si è nutrita del cibo infero, e Izanagi la vede nella sua forma ormai mostruosa. Izanami si vergogna a tal punto della sua immagine da rincorrere Izanagi fino alle soglie dell’Ade per ucciderlo. Izanagi scappa e chiude l’ingresso dell’inferno con un macigno. Non è sorprendente l’affinità della storia di Izanami ed Izanagi con miti analoghi? Si sarebbe quasi tentati di parlare di un archetipo: le storie di Izanami, di Itzamna (mito maya), di Euridice (mito greco) e di Inanna (mito accadico-sumero), come varianti di una forma originaria, di una Urform. Ma quale?
La storia è portatrice di una allegoria scoperta: Izanagi chiude il suo occhio che è l’accesso all’inferno. Poi si lava gli occhi. Dalle secrezioni del bulbo sinistro nasce Amaterasu, la dea del sole. Il mito ha a che fare sin dall’inizio con il travaglio del vedere. La sua importanza si mostra dal punto di vista di una morfologia della visione. È dalla visione del caos infernale che nasce la visione chiara, illuminata, originaria. Per vedere le cose alla luce del sole bisogna aver visto l’inferno, avere un occhio sempre rivolto all’inferno. Così il macigno con cui Izanagi chiude l’accesso all’Ade è forse il suo bulbo oculare lasciato in pegno. E il sole che illumina è sempre anche un occhio che brucia, come l’embrione che Izanami portava in grembo. Visione, vita, morte.
E la nostra Izanami? Una Izanami scomponibile realizza la sintesi di due elementi: i giocattoli smontabili giapponesi Bandai e il principio zen. In entrambi i casi la saggezza massima implica l’arrivare al vuoto, al nulla che sostiene le parti e che è custodito dalle parti, al «non» che è ed allo stesso tempo non è le parti. Questa saggezza implica una ironia tutta orientale. D’altra parte Izanami esibisce il suo interno embrione, il dio del fuoco, Kagututi, con la grazia surreale, barocca, finanche naturgeschichtlich, di una venere anatomica alla Susini, unendo oriente ed occidente. A stento, poi, Izanami cela la sua segreta ambiguità: ex voto per iki ricevuta[1], idolo giocattolo, e allo stesso tempo mina marina nipponica, ordigno materno e matrigno. Un ultimo omaggio al feticcio vivente, esplosivo, al «sex appeal dell’inorganico» rappresentato dalle vere donne balocco, le geishe.


[1]Iki significa in giapponese «grazia», in senso estetico. La manifestazione esemplare dell’Iki sarebbe rappresentata dalla delicata peluria della nuca delle geishe, poco prima dell’attaccatura dei capelli. Lo ricorda il conte Kuki Shuzo nel suo La struttura dell’Iki. Singolare come un piccolo cambiamento di accento distingua in giapponese «grazia» e «respiro», «ikì» ed «ìki». Così che è davvero un soffio – un pelino – a separare i due concetti, e allo stesso tempo ad unirli, evocando la tentazione irresistibile di spirare delicatamente, come embrioncelli graziosi, nell’incavo della nuca di una maiko.


(2009-2010)
TIPOLOGIA: Scultura in bronzo lucidato; scomponibile in 94 elementi che si assemblano ad incastro. Kagututi può essere contenuto in Izanami, formando un unico oggetto, ma le due figure possono anche essere montate separatamente su due basi distinte.
DIMENSIONI MAGGIORI (IZANAMI): 17,5 cm (H) x 14 cm x 10 cm (base inclusa).
TECNICA: modello originale in resina; poi fusioni a cera persa e microfusioni in ceramica (Fonderia Bonvicini, Verona).
Occhi in vetro dipinto.